Salve. ∩・∀・) Anche se questo blog raccoglie traduzioni di lyrics volevo cogliere l'occasione per pubblicare anche qualcos'altro in tema "Giappone". Nel tempo libero mi cimento spesso in traduzioni di varie cose per tenermi in allenamento e ultimamente ho tentato di tradurre questa novel "Tokyo Ravens", una serie che mi ha preso molto. Ecco di seguito la prima parte del primo capitolo.☆ ~9*7
Tokyo Ravens
1
SHAMAN * CLAN
Azano Kohei
“Sai qual è
la quintessenza della stregoneria?”
“La risposta
è la menzogna.”
(Yakou
Tsuchimikado)
Capitolo
1: il figlio di un certo bunke*
*Bunke è un ramo cadetto di una famiglia, mentre honke è il ramo principale.
1
Questo è un racconto di molti anni fa.
Ogni volta che gli adulti della famiglia si
riunivano in assemblea, Harutora e Natsume erano soliti giocare insieme.
A differenza dello scatenato Harutora che si
faceva male di continuo, Natsume, l’unica figlia dello honke, era tranquilla e
riservata. Dal momento che era anche poco socievole non aveva nessun amico. Per
questo quando sapeva che Harutora sarebbe venuto non stava più nella pelle e le
gote le diventavano rosse. Ascoltava qualunque cosa il ragazzo avesse da dire e
lo seguiva dovunque volesse andare.
Il luogo dei loro giochi era il giardino
racchiuso dalla villa dello honke.
Nell’immenso giardino vi era un bosco di bambù,
un lago, lanterne di pietra e collinette artificiali; vi era anche un piccolo
tempio scintoista, licheni e insetti. Era un luogo carico di mirabolanti
avventure.
Tuttavia, succedeva che quando si mettevano a
giocare insieme, Natsume provasse una paura improvvisa e si nascondesse dietro
la schiena di Harutora. Anche mentre giocavano a rincorrersi o a nascondino,
Natsume saltava fuori dai suoi nascondigli e quasi in lacrime si avvinghiava a
Harutora. E poi lo disse.
C’è qualcuno.
C’è qualcuno
che mi guarda.
Anche se tu
non lo vedi, c’è.
All’inizio, Harutora pensò che si trattasse dell’estrema
paurosità di Natsume. Prima le fece notare la sua codardia, poi la consolò e
infine la prese in giro.
“Se sei così fifona, vai dai grandi. Io rimango a
giocare da solo”.
Dopo essere stata ripresa da Harutora, Natsume
era sul punto di piangere ma restò in silenzio e ricacciò indietro le lacrime.
Si sforzò di sorridere e continuò a giocare con Harutora.
Venne il giorno che i genitori di Harutora
ripresero il suo errore e gli svelarono che Natsume era una “vedente”. Non era
vero che lei fosse una paurosa, semplicemente riusciva a vedere cose che per
Harutora erano invisibili.
“Perdonami.”
Vedendo Harutora chinare il capo, Natsume sgranò
gli occhi. Harutora aveva riconosciuto pienamente il suo errore e si stava
scusando con tutte le sue forze.
“Io non riesco a vedere le cose spaventose che
vedi tu. Anche se ci sono, io non le vedo e posso vivere serenamente. Per questo
ho deciso che quando avrai paura sarò io a proteggerti.”
Natsume abbassò la testa esitante e fissò
Harutora speranzosa.
“Vuoi dire che diventerai il mio Shikigami?”
A quel tempo Harutora non conosceva ancora quella
parola.
“Cos’è uno Shikigami?”
A quella domanda Natsume scosse il capo: “Neanch’io
lo so con esattezza. Però hai detto che mi proteggerai. E la nonna ha detto che
Harutora-kun è lo Shikitari della casata e che in futuro diventerà il mio
Shikigami, che staremo sempre insieme e che mi proteggerà.”
Harutora chinò la testa di lato un’altra volta.
“Hai detto Shikitari?” (*letteralmente: "tradizione")
“E’ già deciso. Da me e dalla tua famiglia.”
“Davvero? Perché io non ne sapevo niente?”
“Non lo so, ma è così! Sei lo Shikitari!” disse
Natsume, in un tono inusuale per lei, come se quella parola magica che le stava
tanto a cuore fosse stata derisa.
Harutora si trovò in imbarazzo e, vedendolo,
Natsume ritornò alla sua consueta espressione inquieta di sempre.
“Allora… vuoi dire che non potrai diventare il
mio Shikigami?” disse con voce tremante.
Sta per
mettersi di nuovo a piangere? si preparò Harutora.
Tuttavia, Natsume non pianse. Era angosciata,
spaventata ma nonostante fosse sul punto di piangere, i suoi occhi, fissi su
Harutora, non tremavano neanche un pò. Quegli occhi erano limpidi come la
superficie di un alto lago di montagna, sorto proprio sotto le nuvole e per
questo capace di riflettere soltanto il cielo. Quella era un tipo di forza di
cui Harutora era ancora ignaro.
“D’accordo” rispose Harutora, come se si sentisse
risucchiato da quegli occhi. “Io diventerò il tuo Shikigami, Natsume-chan. In
questo modo resteremo insieme per sempre e io ti proteggerò in ogni momento.”
Natsume gli porse il mignolo della mano destra.
Anche Harutora fece lo stesso e intrecciò il suo dito con quello della bambina.
Natsume cominciò a recitare la formula magica in
modo terribilmente serio. Anche Harutora si unì e le loro due voci
intrecciarono la formula della promessa.
Quando lasciarono la presa, Natsume sorrideva
raggiante come se avesse raggiunto il più grande trionfo della sua vita.
Vedendolo, Harutora pensò che ormai si fossero riconciliati. Solo non capì come mai non riuscì a sorridere alla stessa maniera
di Natsume. La sua mente sembrava sollevata, ma da qualche parte dentro il suo
cuore non riusciva a calmarsi. Come se gli avessero fatto inghiottire un pugno
intero di caramelle tutto in una volta.
Era pesante, doloroso, ma non voleva lasciarlo andare.
Se l’avesse leccato avrebbe scoperto che era
incredibilmente dolce.
Da quel giorno, i due continuarono a giocare nel
giardino della villa come al solito. Quando Natsume cominciava a mostrarsi
spaventata per qualcosa, Harutora si voltava verso un punto vuoto e agitava i
pugni con voce rassicurante. Poi, con tutte le sue forze, scacciava via quella
cosa che solo Natsume poteva vedere.
Ciò che lo spingeva a comportarsi così era il desiderio di fare in modo che Natsume non restasse ferita da niente.
Questa è una storia di tanti anni fa.
A quel tempo Harutora non aveva ancora compreso
il significato della parola “futuro”.
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