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20140120

[Novel] Rairaku Rei - [K] Side:Red pag 279-293 - traduzione -



K SIDE:RED
cap. Il Re Rosso (pag 279-293)
(Nota temporale: gli Homra combattono contro uno Scepter 4 senza Re (pre-Munakata) i cui clansman rispondono agli ordini di una cricca alle dipendenze del Re d'Oro. Al tempo Fushimi faceva ovviamente parte dei Rossi.)



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Autore: Rairaku Rei (GoRA)
(traduzione: 9*7)





Da quando i gemelli avevano smesso di combattere ognuno per conto proprio ed erano tornati alla loro strategia originaria, ovvero concentrarsi entrambi su un solo obiettivo, la loro potenza era accresciuta. Decisero pertanto di limitarsi a parare i colpi di Fushimi e di puntare su Yata in modo persistente.
La spada del moro Hayato mirò al ventre di Yata e sfrecciò letale. Yata parò l’attacco con la mazza; intanto, individuato un angolo cieco, il castano Akito affondò la spada in direzione della gola. Yata si procurò un lieve taglio alla base del collo, ma riuscì lo stesso a eludere la lama. Passò al contrattacco, ma Hayato non voleva rinunciare a ferirlo e stavolta puntò alla schiena.
Non appena vide Akito alle spalle di Yata, Fushimi lanciò alcuni coltelli rivestiti di luce rossa. Hayato si accorse dei pugnali volanti e si aprì un varco con la spada. La sua attenzione, però, era catturata non da Fushimi ma da Yata.
“Questi… sono davvero dei Blu?” disse Yata, riprendendo fiato e squadrando i due con astio. Le decine di taglietti che si era procurato pulsavano fastidiosamente di dolore e perdevano sangue.
Fufu, risero i gemelli, appena udibili. Le risate graziose erano un conto, ma quel tipo di risata disinteressata non si addiceva affatto ai loro lineamenti delicati.
“Cos’è che hai appena detto?”
“Noi siamo lo Scepter 4.”
“Puniamo chi infrange la legge.”
“Siamo i custodi della giustizia.”
Keh, pronunciò Yata con disprezzo.
Sfacciati! Ridicoli!
Naturalmente lo sapeva benissimo che erano dei clansman blu. Ma il punto era che quei due non facevano altro che pavoneggiarsi, non si trattava di gente che si muoveva per la giustizia.
Quasi la totalità dei clansman blu che si trovava in quel luogo non credeva affatto in qualcosa di tanto retto come la “giustizia”. Lo si capiva subito guardando gli occhi di quanti di loro la Homra aveva affrontato fino a quel momento. In essi non c’era alcuna passione. Padroneggiavano il potere Blu, forte nel controllo e nella difesa, si circondavano di una barriera del medesimo colore e, mentre si proteggevano dalle fiamme o da altri attacchi, reprimevano gli avversari. Non era altro che un combattimento da manuale composto da una serie di operazioni. In loro non c’era ambizione. Nei loro sguardi non c’era luce. Erano bravi a prendere ordini, ma Yata vedeva chiaramente che l’unico motivo per cui stavano combattendo era semplicemente per senso del dovere nei confronti del loro lavoro.
L’andamento dei combattimenti tra la Homra e lo Scepter 4 fino a quel momento era piuttosto pari, ma la Homra non aveva alcun timore di perdere a causa dell’affilatura delle spade o della superiorità delle tecniche degli avversari.
Tuttavia, i gemelli che si ergevano di fronte a Fushimi e Yata erano di un’altra razza.
Ciò che li faceva muovere non era la giustizia e nemmeno il senso del dovere nei confronti del loro lavoro. Il termine più prossimo a descrivere il loro atteggiamento era che stavano giocando.
Le spade che miravano a Yata abbagliandone la vista, non avevano l’obiettivo di reprimerlo. Entrambi i fratelli brandivano il loro potere come un giocattolo e si mettevano in mostra, proprio come dei bambini. E il peggio era che il giocattolo che utilizzavano era letale.
Anche dopo essersi esposto ai loro attacchi, Yata non aveva riportato ferite mortali. Nonostante ciò, accumulando piccoli tagli qui e lì si stava lentamente logorando.
Infastidito, si asciugò con la mano il sangue che gocciolava dalla nuca alla clavicola come un solletico. Se fosse stato un taglio un po’ più profondo avrebbe toccato un punto vitale.
Visto che era un clansman soltanto da poco, non aveva molta esperienza in battaglia e, accogliendo l’ennesima conferma di questo, sentì il sudore gelarsi di colpo, accompagnato da una leggera pelle d’oca.
“Che ti prende?”
“Credi di avere pure il tempo per riflettere adesso?”
Nello stesso ordine in cui pronunciarono quelle parole, i due fratelli balzarono all’attacco.
L’attimo seguente, Hayato abbassò la spada davanti agli occhi di Yata con un bagliore.
Yata la evitò per un soffio puntellandosi su una sola gamba e in quel preciso istante, sentì un lieve rumore metallico alle sue spalle. Considerato che un fratello lo attaccava di fronte e l’altro puntava alla sua schiena, intuì che Fushimi aveva fermato quest’ultimo.
Fulmineo, Yata si piegò sulle ginocchia e si lanciò all’attacco. Concentrò le fiamme sulla mazza di ferro e puntò a colpire Hayato di lato: l’attacco precedente aveva aperto un varco e Akito era ancora troppo impegnato a contrastare Fushimi per fare in tempo a salvare il fratello. Tuttavia, l’agilità di Hayato era anch’essa fuori dal comune. In un istante il ragazzo ritrasse la spada e parò la mazza con l’elsa.
Un nuovo suono metallico riecheggiò nell’aria.
Armato di una mazza che non aveva né lama né elsa, Yata evitò la follia di avvicinarsi troppo al nemico e, inspirando a fondo, usò quella parata per darsi una spinta e saltare all’indietro.
Hayato sollevò gli angoli della bocca in un sorriso di adulazione.
Devo dire che un po’ te la cavi, era la lode comunicata dalla sua espressione, ma appena la vide, Yata sentì immediatamente il sangue salirgli alla testa.
Il bastardo si sta solo convincendo di poter vincere!
Sul volto di Hayato non vi era né impazienza né irritazione. Guardava Yata, rallegrandosi dello spettacolo proprio come una belva si lecca i baffi davanti alla sua preda.
“Yata” chiamò Fushimi.
Non aveva usato il nome di battesimo che il possessore tanto odiava. Il tono era piuttosto disinteressato.
“Di questo passo non finiremo mai. Facciamo anche noi come loro e puntiamo tutti e due insieme su uno solo” disse con voce smorzata.
Yata montò su tutte le furie.
“Stai scherzando, vero!? Come potrei mai combattere in modo tanto vigliacco!?”
Fushimi guardò Yata, irritato e a denti stretti.
“Guarda che è un pezzo che salto da una parte all’altra solo per proteggere te! Adesso basta, mi sono rotto!”
Nonostante il tono piatto, c’era una certa punta di ferocia in esso. Persino Yata ebbe un attimo di sgomento: Fushimi si stava arrabbiando sul serio.
“…Ho capito, ma non ho intenzione di combattere da vigliacco lo stesso.”
Fushimi gli lanciò un’occhiataccia, ma Yata evitò il suo sguardo per tornare a concentrarsi sui due gemelli.
“Sai, Saru, se a questa gente senza orgoglio non rompo il muso guardandola negli occhi non sarò mai soddisfatto” disse Yata alzando la voce intenzionalmente affinché anche i gemelli lo sentissero.
I due scrollarono lievemente le spalle.
“Senza orgoglio? Che vuoi dire?”
“Stai cercando una scusa per giustificarti del fatto che contro di noi non puoi vincere?”
“Ha!” rise Yata in tono di scherno. “Macché, non mi permetterei mai di criticare il vostro modo di combattere!”
Yata affilò lo sguardo ancora di più e fissò i gemelli con la medesima rabbia provata fin dal momento in cui li aveva incontrati la prima volta.
Anche se erano stati attratti da un Re, scelti da lui e investiti dei suoi poteri, si lasciavano usare senza problemi dai clansman di un altro Re. E in più, brandivano la forza ricevuta in passato dal loro Re come fosse un giocattolo.
Yata aveva ricevuto il suo potere da Suoh. Quel potere era l’orgoglio di Yata e lo avrebbe usato per servire Suoh.
Yata guardò con disprezzo i gemelli.
“Quello che voglio dire è che non provate alcun orgoglio per aver ricevuto i vostri poteri da un Re, li usate solo per giocare e mi fate schifo!”
“Che vuoi saperne tu?” sbraitò Akito, con quel tono indifferente che non gli si addiceva.
Minato Hayato dai capelli neri e Minato Akito dai capelli castani. I due gemelli, identici tranne che per il colore dei capelli, avvolti nelle divise dello Scepter 4, si circondarono immediatamente di una luce azzurra simile a vapore. Era il segnale che denotava che erano stati offesi in quanto clansman. I loro corpi erano completamente immersi nelle fiamme azzurre.
“Guardami le spalle” disse Yata a Fushimi, con gli occhi sempre fissi sui gemelli.
Fushimi fece per replicare qualcosa ma lasciò perdere. Yata aveva allargato le braccia e stava mescolando il potere dentro di sé, le fiamme che dimoravano dentro il suo corpo.
Aumentò notevolmente la loro temperatura ma non aveva intenzione di farle uscire o di lasciare che si scatenassero in modo irruento. Radunò la forza in un unico punto, come se stesse forgiando una lancia di fuoco e la tese mentre la sua mente si faceva più lucida. Il suo corpo si sollevò. In contemporanea con i gemelli, incrementò la luce dei colori del suo Re che rivestiva il suo corpo.
Il colore della luce di Yata era il rosso di Suoh.
Il marchio della Homra inciso sulla sua scapola sinistra - il “simbolo” dei clansman di Suoh, l’orgoglio di Yata - stava venendo invaso dal calore.



Il viso di Fushimi era contratto come in preda a un forte mal di testa. Era irritato e teneva i molari serrati.
L’arte della spada in cui eccellevano i gemelli e che permetteva loro di eludere qualsiasi ostacolo all’infuori del loro obiettivo, riusciva a schermare completamente ogni suo attacco per poi concentrarsi unicamente su Yata. Il fatto di non riuscire a trovare un modo per catalizzare almeno parte dell’attenzione degli avversari su di sé lo stava stressando. Forse i due erano capaci di una tacita intesa; forse avevano combattuto insieme per molti anni e si capivano ormai alla perfezione, in ogni caso, per la loro mentalità, la cooperazione che stavano dimostrando lui e Yata non avrebbe dovuto esistere, punto e basta.
Non dipendeva solo dalla somiglianza tra i loro visi, erano diversi da dei gemelli qualunque. Non aveva idea di quale storia ci fosse dietro, ma se erano diventati clansman prima della morte del precedente Re Blu, allora possedevano quel potere sin da quando erano soltanto dei bambini. Probabilmente avevano sempre vissuto l’uno accanto all’altro, combattendo insieme e condividendo tra loro innumerevoli esperienze.
Il mondo di questi due inizia e finisce con loro due. Cognizioni sulla cooperazione apprese di straforo non hanno speranza di eguagliare la loro tecnica.
Fushimi si tormentava, e dentro quella rabbia intrisa persino di dolore, si aggiunse un sentimento di gelosia nauseante.
Il mondo di quei due era da loro condiviso equamente, senza eccezioni. Ciò che piaceva loro, ciò che li ripugnava, il loro orgoglio, i pensieri, i ricordi… era tutto condiviso tra loro. Non vi erano imprecisioni, ne era certo.
E allora cos’è?
Quello che aveva detto Yata a proposito dell’orgoglio provato verso i poteri ricevuti dal proprio Re e il rispetto cieco nei suoi riguardi, per Fushimi non era affatto lontano in significato dall’ubriacatura dei gemelli che si divertivano a brandire il loro potere come un giocattolo. Pensava che l’uno valesse l’altra.
Da una parte la rabbia senza uscita di Fushimi, e lì accanto, Yata che squadrava i gemelli mentre dal suo corpo straripava un potere incontenibile.
Rosso, sempre più rosso. Il corpo di Yata si rivestì completamente del colore del potere ricevuto da quella persona.
Yata afferrò il colletto della maglietta e lo abbassò, facendo mostra del “marchio” della Homra.
“In nome dell’orgoglio della Homra, vi farò fuori tutti e due!”
Aah, quanto mi irrita.
Il piede sinistro di Yata calciò forte il terreno. Lo skate si diresse in linea retta verso i gemelli. La luce scarlatta che rivestiva il suo corpo prese a turbinare diventando fiamme.
Yata, ormai trasformato in una sfera di fuoco, saltò con lo skate fendendo l’aria e lasciando una scia di fuoco dietro di sé che ricordava la forma di un paio di ali. Come a confermare che “Yatagarasu”, lo sciocco nome che Yata si era affibbiato da solo fosse appropriato, divenne un grosso corvo danzante in cielo. (*karasu vuol dire corvo)
Non da meno, i gemelli avevano spinto al massimo i loro poteri, ma decisero di evitare uno scontro diretto con Yata. Lo scansarono mentre atterrava tra di loro e indietreggiarono uno a destra e l’altro a sinistra.
Una volta a terra, Yata si fece leva sulle ruote dello skate e si voltò in direzione di Hayato, mentre Akito fu subito alle sue spalle.
Schioccando la lingua, Fushimi si protesse verso Yata bloccando la spada di Akito. Il suo coltello si scontrò con la spada dell’altro, luce blu contro luce rossa. Fushimi ruotò il polso e si liberò della sciabola, fece un salto all’indietro e contemporaneamente scagliò uno dei suoi coltelli da lancio. Sperava di aprirsi un varco, ma Akito respinse il pugnale, ruotando fulmineo la spada.
“Uoooooooooooooh!”
Con un grido possente, Yata, diventato ormai una sfera di fuoco, si avventò su Hayato. Per la prima volta, sul volto del clansman blu affiorò una punta di agitazione.
Per respingere la mazza di Yata, fu costretto a indietreggiare; inoltre quella stessa mazza ricoperta da fiamme rosse riuscì a tagliare via una fetta della sua luce azzurra, l’indicatore della forza che scaturiva dal suo corpo. I due poteri non si urtarono a vicenda annullandosi, al contrario, la sua luce venne squarciata. Yata aveva superato la forza di Hayato.
Akito sbiancò in viso e cercò di seguire i movimenti del fratello. Puntò la spada verso la schiena di Yata, lasciata completamente scoperta esattamente davanti a lui.
Fushimi fece per lanciare un altro coltello ma si ritrovò a schioccare forte la lingua: aveva usato l’ultimo nell’attacco di qualche secondo prima, dei coltelli da lancio che portava con sé non ne rimanevano più.
La mazza di Yata colpì la spada di Hayato. Il potere di Yata premeva, mentre la luce azzurra di Hayato diminuiva come se venisse schiacciata. Tuttavia, alle spalle del clansman rosso c’era Akito.
Immediatamente, gli occhi e la mente di Fushimi si mossero senza respiro in un rapido calcolo: coprire la distanza tra lui e Akito in quel poco lasso di tempo era impensabile. Anche rincorrendolo, Akito avrebbe tagliato la schiena di Yata prima ancora di riuscire a prenderlo. E poi, dalla foga con cui si era fiondato in fretta e furia, non aveva dubbi che ciò a cui mirava il Blu era un taglio netto lungo tutta la schiena.
Ciononostante, Yata non vedeva altri che il suo avversario, Hayato. Anche se conosceva bene il modo in cui combattevano i gemelli, anche se era al corrente che entrambi stavano mirando contemporaneamente a lui, non prestava la minima attenzione ad Akito.
Guardami le spalle.
Quella frase che non ammetteva repliche, senza difese, senza ritegno, quel “mi fido di te”.
Non aveva pensato nemmeno per un momento che il compagno  potesse fallire, che potesse fregarsene. Man mano che la sua irritazione cresceva, Fushimi avvertì un’altra fitta alla testa.
Sollevò il coltello da combattimento che stringeva nella mano destra. Lanciato quello si sarebbe ritrovato completamente disarmato, ma Akito non avrebbe avuto il tempo di respingerlo. Restare a mani nude contro una spada era quanto di meno auspicabile ma, non era il momento di perdersi in congetture.
Il coltello avvolto nel potere di Fushimi fendette l’aria con un fischio. Tuttavia, Akito non fece nulla per scansarsi o per parare il colpo.
Con un suono sordo, il coltello si conficcò nella spalla destra del clansman blu.
Non era possibile che non si fosse accorto dell’arma che volava dritta verso di lui. E infatti, Akito accusò la pugnalata alla spalla, vacillò per un istante, ma poi ignorò totalmente la ferita.
Con il coltello affondato nella spalla destra, si trovò costretto a sostenere la mano che reggeva la spada con la sinistra e a sollevare la sua arma mettendo forza in entrambe le braccia.
La spada rivestita di luce blu puntò come sempre alla schiena indifesa di Yata.
L’intero corpo di Fushimi venne percorso da brividi.
Subito, il suo sguardo si posò sul coltello ancora conficcato nella spalla di Akito: conservava ancora un debole rivestimento del suo potere e risplendeva, seppur flebilmente, di luce rossa: Fushimi era ancora collegato con quel coltello.
Radunò il potere dei clansman di Suoh Mikoto che risiedeva nel suo corpo e lo riversò in quell’arma. La sua concentrazione fu tale che sentì gli occhi bruciargli per lo sforzo. Quel potere divampò infine nel coltello conficcato nella spalla di Akito.
Il ragazzo, deciso ad aiutare il gemello, non intendeva interrompere il suo attacco finché non fosse andato a segno, tuttavia, il coltello mandato in fiamme da Fushimi gli fece perdere forza nelle braccia e la spada gli scivolò di mano.
In quel momento, Hayato, che aveva appena terminato di scambiare una serie di affondi con Yata, e la cui barriera di forza stava cedendo, accusò il colpo della mazza dell’avversario sull’avambraccio e l’impatto con quella concentrazione di forza lo fece volare via.
Yata, dal canto suo, avendo sprigionato tutto il suo potere senza ritegno, respirava a fatica. Allentò la fiamma che gli rivestiva il corpo e la luce rossa che caratterizzava il suo potere si fece più debole.
Hayato, sbalzato via, guardò Akito, anch’esso a terra con la spalla destra piuttosto malridotta, e sbiancò.
“A, Ah…”
Lasciando trapelare quello che sembrava un gemito, socchiuse gli occhi e fissò Yata con uno sguardo omicida. Tentò di alzarsi, malfermo, mentre Yata, con il respiro spezzato, alzò la mazza, issandosi con un piede sullo skate, pronto a lanciarsi addosso in qualsiasi momento.
Tuttavia, prima che lo scontro potesse ricominciare, due fasci di luce rossa gli sfrecciarono accanto veloci e si conficcarono nel braccio destro di Hayato costringendolo di nuovo a terra.
“…Saruhiko!” disse Yata  in tono di rimprovero.
Fushimi aveva raccolto i coltelli da lancio parati da Akito poco prima e li aveva scagliati sull’altro gemello.
“Ero io il suo avversario!”
“Ma sta’ zitto!” tuonò Fushimi secco.
A quel tono rigido che di solito non usava mai, Yata sgranò gli occhi dalla sorpresa.
Fushimi serrò le mani in due pugni e strinse i denti nell’intento di sopprimere a tutti i costi l’irritazione che provava.
Un’altra fitta gli squarciò la testa.
Mi irrita. Mi irrita. Mi irrita.
Il modo in cui Yata combatte. Che riponga in me – no – nei suoi compagni la fiducia più cieca. Che mostri al nemico la sua schiena scoperta.
Fushimi si avvicinò ad Hayato che, tra un gemito e l’altro, era riuscito a raccogliere la sua spada e tentava di alzarsi in piedi, e gli pestò la mano. Poi calciò lontano la spada.
Mi irrita. Mi irrita. Mi irrita.
Che anche esponendo la sua stessa vita al pericolo, non se ne curi e guardi solo davanti a sé. Che solo io debba avere paura.
Tutto faceva innervosire Fushimi.
“Saruhiko.”
Yata lo chiamò di nuovo più forte. Fushimi fece schioccare la lingua. Sopprimette volente o nolente la sua irritazione e spostò lo sguardo sul campo di battaglia sede degli scontri tra Homra e Scepter 4.
“…Dobbiamo occuparci degli altri.”
“O, Ok…”
Yata fece una faccia spaesata alla risposta stentata di Fushimi, come se avesse già dimenticato l’arrabbiatura di prima.
A quell’innocente franchezza, Fushimi serrò i denti.


20130817

[Novel] Rairaku Rei -「K」Side:Red pag 253-260 (Intervallo#4) - traduzione




K SIDE:RED
Intervallo #4 (pag 253-260)



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Autore: Rairaku Rei (GoRA)
Illustrazioni Suzuki Shingo (GoHands)
(traduzione: 9*7)




Intervallo

Tu-tum, pulsò il cuore.
Suoh sentì che il suo battito cardiaco si stava come sincronizzando con qualcosa.
Ma cosa?
Provò la strana sensazione che il confine tra lui e il mondo esterno si facesse d’un tratto più vago. Il dolore provato fino a un attimo prima aveva disposto il suo corpo in un limbo, e la sensazione genuina di essere vivo al punto da sentire la pelle bruciare andava spegnendosi. Improvvisamente, come fosse la salma di una medusa sciolta nel mare, ebbe l'impressione di essere sul punto di dissolversi dal mondo.
King?
Mikoto?
Sentì le voci incerte di Totsuka e Kusanagi che lo chiamavano da lontano.
Non era il momento di perdere la ragione. Erano in trappola in un vicolo cieco, un attimo di distrazione sarebbe costata loro la vita.
La sua mente era più o meno sveglia e sembrava riuscisse a valutare la situazione, ma la sensazione di afferrare il mondo circostante naufragava senza riuscire a tornare.
Sono impazzito?, si chiese la mente apparentemente lucida, da un luogo a debita distanza dalla coscienza.
Tu-tum, pulsò di nuovo il cuore.
Il battito si era collegato. Un battito identico risuonò nell’aria.
Con cos’è che si è collegato?
(Con la “Lastra d’Ardesia”).
Sentendo la risposta fornitagli dal suo inconscio, Suoh aggrottò la fronte.
E cosa sarebbe questa “Lastra d’Ardesia”?, rispose la sua mente, sempre da quel luogo distante. Il terreno scomparve da sotto i suoi piedi.
Suoh galleggiava nel cuore dell’oscurità più nera.
Un’oscurità senza confini, simile allo spazio.
Sono morto?, pensò.
È questo l’altro mondo? Oppure è ciò che chiamano sogno prima di morire – “l' esperienza ai confini morte”?, rifletté.
Il cuore si era calmato. Nonostante gli rimanesse solo da decidere se fosse già morto o se fosse sul punto di farlo, stranamente non trovava motivo di allarmarsi.
In quell’istante, sotto ai suoi piedi si formò una tavola rocciosa.
Sulla superficie portava inciso un disegno che ricordava un labirinto circolare. Era una tavola larga almeno sei tatami (=10mq).
Tu-tum, pulsò il cuore. A quel battito, il disegno sulla “Lastra d’Ardesia” si illuminò per un istante.
Tu-tum, il cuore di Suoh e la “Lastra d’Ardesia” pulsarono all’unisono. Si sintonizzarono.
Con il ripetersi dei battiti, la luce del disegno sulla "Lastra" si fece più forte e più decisa.
Tu-tum, tu-tum, tutumtutumtutum.
Quando i battiti del cuore di Suoh raggiunsero il limite, la luce si spense con un soffio.
Ma l’attimo dopo, il centro della “Lastra” si illuminò di una luce ancora più forte che cominciò a propagarsi ricalcando il disegno circostante. Come fosse un flusso d’acqua in un sistema articolato di tubature, la luce rossa riempì completamente le scanalature del disegno, e brillò con vigore.
Suoh venne inghiottito dalla luce rossa e percepì di essere divenuto un tutt’uno con la “Lastra”.
Sentì il magma ribollire dentro il suo corpo. Non riuscì a trovare paragoni per quel calore e quel vigore.
Pervaso dal flusso di forza caldo e impetuoso che gli stava quasi bruciando il corpo, sentì la coscienza sbiadirsi e su quel bianco cominciarono a riversarsi diverse informazioni.
Si potrebbero definire i ricordi della “Lastra d’Ardesia”.
Il potere della “Lastra”, i ricordi della “Lastra”, i pensieri della “Lastra”.
La “Lastra” si collegò con l’anima di Suoh------e lo scelse.



Nello stesso istante in cui Suoh riaprì gli occhi, l’aria sopra la sua testa si increspò.
Come sprigionato dal cuore di un’esplosione, apparve un gigantesco corpo di luce dalla forma di una spada.
“Gah…!” si lamentò Suoh, avvertendo una forza violenta che lo sballottava da dentro. L’attimo dopo, la luce rossa che rivestiva il suo corpo si espanse all’esterno, divenne fuoco e bruciò, lambendo ciò che lo circondava.
Nonostante questo, il calore impetuoso che avvertiva dentro di sé non voleva saperne di assestarsi e continuava a divorarlo e a logorarlo. Quel potere inesauribile incrinò il terreno ai suoi piedi e quella crepa cominciò ad espandersi in modo radiale.
Se solo provava a contenere quella forza veniva assalito da un violento mal di testa.
Questa stanchezza deriva dal fatto che tento di fermarla?
Improvvisamente una tentazione si impadronì di lui. Se avesse lasciato che quel magma continuasse ad uscire, non si sarebbe forse sentito meglio?
Era una tentazione dolcissima.
Ma proprio mentre era sul punto di cedere, sentì una voce che lo chiamava.
“King!”
Era la voce di Totsuka. Per uno che non fa altro che sorridere spensieratamente tutto il tempo, il tono era piuttosto disperato.
Suoh fece schioccare la lingua.
Aah, piantala con questo “King”! È proprio a causa di quella tua abitudine di chiamarmi in quel modo che è andata a finire così!
A poco a poco, Suoh riacquistò le forze.
Trasudando luce dal suo corpo, si voltò lentamente a guardare indietro.
L’asfalto era incrinato da una crepa radiale il cui centro era proprio lui; gli edifici tutt’intorno erano bruciati e anneriti dal fuoco.
In quello scenario raccapricciante, Totsuka e Kusanagi se ne stavano immobili con aria assente. A prima vista sembrava che non avessero riportato ferite.
Suoh esibì un sorriso disperato.
“…Avete un momento per ascoltare un discorso stupido?”
A quelle parole indolenti, pronunciate con un sorriso imperscrutabile, Kusanagi mostrò un’espressione stupefatta rotta solo dal tentativo di sorridere.
“Ma no… lascia stare. Quello che è successo è già abbastanza stupido…” disse indicando il cielo con il dito. “Sulla tua testa è comparsa una spada”.
Al tono forzatamente ironico di Kusanagi, Suoh rise con il naso.
“Il Re Rosso… eh…?”
Naturalmente anche Kusanagi conosceva la leggenda metropolitana del Re Rosso. Come Suoh, l’aveva sentita da Totsuka. Suoh non sapeva quanto Totsuka avesse preso sul serio quella storia però una volta, scherzosamente, lui gli aveva detto: “Se il Re Rosso esistesse davvero, sono certo che tu potresti diventarlo.”
Suoh si fermò un attimo a riflettere per capire da dove poteva cominciare a raccontare della “Lastra”, del potere e della conoscenza che aveva acquisito, ma alla fine, pensando fosse una seccatura, ci rinunciò.
Chiuse gli occhi. Strinse le mani in due pugni e le alzò.
Concentrò lì la sua coscienza.
Ricordando il momento in cui era stato investito dei suoi poteri dopo che la sua anima si era collegata con la “Lastra d’Ardesia”, evocò nelle sue mani la fiamma che attingeva dal magma che ribolliva dentro di lui.
Lentamente aprì i pugni. Due fiamme ricoprivano completamente i suoi palmi.
Kusanagi e Totsuka guardarono la scena trattenendo il respiro.
Suoh porse le mani infuocate ai due, con un movimento leggero.
Con un sorriso svogliato, senza dare alcuna spiegazione, disse solo: “Che intenzioni avete? Le afferrate o no?”
Nonostante l’insensatezza della situazione, Kusanagi e Totsuka non ebbero la minima esitazione.



La mano destra e la mano sinistra contenenti la fiamma di Suoh.
Kusanagi afferrò la destra e Totsuka la sinistra.
Kusanagi acquisì un potere spropositato, Totsuka a malapena quello di conservare il fuoco dentro il suo corpo.
Kusanagi divenne per Suoh la spada della razionalità, Totsuka divenne la catena in grado di tenere a freno Suoh le volte che si fosse lasciato andare più del dovuto.
Non fu chiaro se ciò fosse dovuto alla differenza caratteriale dei due o se fosse stato lo stesso Suoh a disporre di loro in modi così diversi consciamente o inconsciamente.

Il Re Rosso e i suoi due clansman.
Quella fu la forma originaria del Clan Rosso.


[Novel] Rairaku Rei -「K」Side:Red pag 314-321 - traduzione



Secondo post-traduzione per una novel (*ノωノ) Anche stavolta è una delle mie preferite, spero di trovare il tempo di tradurre qualche altro pezzetto. Estratto dedicato a Kusanagi perché l'avevo tradotto per regalarlo ad un'amica che stravede per questo personaggio. Enjoy ★




K SIDE:RED
cap. Il Re Rosso (pag 314-321)



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Autore: Rairaku Rei (GoRA)
(traduzione: 9*7)






La sfera di fuoco emanata dall’accendino di Kusanagi assalì Shiotsu come una belva che balza sulla sua preda. Poco prima di venire inghiottito dalle fiamme, Shiotsu aumentò l’intensità della luce azzurra che ricopriva la sua spada. La lama passò attraverso la sfera di fuoco tagliandola in due. L’agglomerato rosso di fiamme ardenti e la lama rivestita di luce azzurra si scontrarono compensandosi a vicenda.
Lanciandosi nel tentativo di sopraffare la sfera di fuoco, Shiotsu affondò la spada calciando forte il terreno e nell’aria rimase impressa una traccia di luce azzurra. Kusanagi lo evitò con un leggero balzo all’indietro e cercò di colpire con un calcio Shiotsu al ventre, lì dove era rimasto privo di difese. Ma Shiotsu schivò il colpo e con lo stesso vigore fece schizzare la spada dal basso verso l’alto in traiettoria diagonale. Kusanagi inarcò la schiena all’indietro e riuscì a evitarla per un soffio. Mentre avvertiva la frangia spostarsi a causa dello spostamento d’aria causato dalla lama, sputò la sigaretta che si era acceso e balzò in direzione di Shiotsu.
In un attimo, davanti agli occhi di quest’ultimo, il fuoco sprigionato dalla sigaretta si erse in una gigantesca sfera infuocata e lo inghiottì. Riscaldato dalla fiamma che aveva evocato lui stesso, Kusanagi inarcò la schiena e, mantenendo vivo il calore emesso dal suo corpo, si issò con una mano sul pavimento e saltò all’indietro con una capriola.
Gliel’ho fatta.
Ma non appena questo pensiero gratificante gli attraversò la mente, Shiotsu balzò fuori dalla sfera di fuoco che lo aveva inghiottito diretto verso di lui.
Non lo fece per sfuggire alle fiamme. Nonostante stesse venendo bruciato vivo il suo pensiero andò solo a Kusanagi e a muovere la spada che teneva in mano. La reazione di Kusanagi ritardò di qualche secondo.
Malgrado la pelle bruciata dal fuoco appiccato sulla sua divisa blu, Shiotsu mantenne un’espressione impassibile e affondò la spada. La punta fece un taglio sul braccio che Kusanagi aveva usato per proteggersi, schizzando sangue.
Con il viso contratto in una smorfia, Kusanagi indietreggiò assicurandosi una distanza notevole.
Anche Shiotsu, con il corpo ancora tormentato dalle fiamme, non aveva nessuna intenzione di restringere lo spazio che li divideva. Nel frattempo, intensificò la luce blu che lo ricopriva.
Con un forte sibilo, le fiamme sulla divisa azzurra di Shiotsu si estinsero. Era l’effetto della barriera eretta da uno dei clansman blu, dotato del potere dell’ordine e del controllo. Circondando il suo corpo con la barriera azzurra era riuscito a spegnere il fuoco del clansman rosso.
Tuttavia, Shiotsu era rimasto notevolmente provato dall’attacco. La sua divisa azzurra riportava bruciature nere e sulla pelle scoperta si erano formate abrasioni rosso scuro. Eppure Shiotsu, senza battere ciglio, languido e con un’espressione che denotava seccatura, pensava soltanto a muovere la sua spada.
Kusanagi contrasse il volto lasciando trapelare un sorriso amaro.
“Aah, sembravi uno senza spirito di giustizia né voglia di combattere, pensavo di andarci piano con te ed ecco che invece mi trovo davanti un tipo forte.”
“Solo perché mi pagano” disse Shiotsu, con il suo solito tono privo di qualsiasi entusiasmo.
“Quindi sei uno di quei mercenari che lavora solo in base al compenso che gli danno?” rise Kusanagi ironico. “Mi sbaglio? Ormai per te persino pensare non è altro che una seccatura!”
Le sopracciglia di Shiotsu si mossero seppur di poco.
“Sei arrivato al punto che non hai più voglia di pensare a niente. Saranno dieci anni che hai smesso muovere il cervello e agisci solo per abitudine, non è così?”
Si accorse improvvisamente che le sue erano parole di provocazione e si sorprese di averle dette: quando doveva provocare l’avversario era solito provocarlo secondo un piano preciso, non facendosi sfuggire le parole in quel modo. Nonostante questo, proseguì.
“Ormai sei pienamente stufo del tuo lavoro. Pensi che sia assurdo. Ma nonostante tutto, non fai che reprimere pensieri e sentimenti e muovi il corpo, come un robot.”
“Sbraiti persino nel mezzo di una lotta…”
Shiotsu strinse gli occhi rivolgendo a Kusanagi uno sguardo carico d’odio. Kusanagi ricambiò.
“Dipendevi da un Re in tutto e per tutto e quando infine è venuto a mancare anche tu hai smesso di pensare con la tua testa!”
Nell’istante in cui pronunciò queste parole di scherno, la distanza che lo separava da Shiotsu e che pensava fosse enorme si assottigliò di colpo. La spada di Shiotsu lo raggiunse senza indugi.
Diversamente dagli attacchi meccanici subiti fino a quel momento, l’affondo di stavolta era carico di rabbia. Kusanagi evitò il colpo e rivolse il suo accendino in direzione di Shiotsu. Attaccò con una sfera infuocata, rapida al pari di un proiettile, ma Shiotsu ne dispose con la sua spada. Una seconda sfera, una terza. La quarta si tramutò in una fiammata come provenisse da un lanciafiamme.
Shiotsu alzò la spada e usando la lama come perno centrale formò un campo di forza azzurro tutto attorno. Spezzò le fiamme come un masso interromperebbe il fluire di un fiume.
Kusanagi voltò di lato la mano che reggeva l’accendino-lanciafiamme. L’impetuosa corrente di fuoco si fece più sottile, trasformandosi in un sinuoso serpente infuocato che, raggiunta la lama di Shiotsu, si divise in due. I serpenti si staccarono allora dall’accendino e avvolsero il corpo di Shiotsu alla pari di due esseri viventi dotati di una propria coscienza. Questi roteò la spada e, tagliò uno dei nervi infuocati con maestria. Ma l’altro serpente, ondeggiando in modo irregolare quasi volesse canzonarlo, una volta evitato l’affondo mirò al corpo del suo autore. Recidendo l’inafferrabile e tortuoso serpente di fuoco, strappò da esso anche la coscienza. Il combattimento non durò che pochi secondi, ma nel momento in cui tagliò il serpente e l’impatto tra il suo campo di forza azzurro e le fiamme estinse il fuoco, Shiotsu rimase scoperto e venne colpito da una sfera infuocata veloce quanto un proiettile.
La forza incendiaria di stavolta era persino più potente della precedente. Shiotsu cadde a terra senza nemmeno un gemito.
“E resta giù” disse Kusanagi con tono penoso, guardando in basso il corpo annerito di Shiotsu. “Hai lavorato per guadagnarti il tuo stipendio, ora non metterti in mezzo. Non siamo venuti qui per combattere con te e i tuoi colleghi!”
Kuku, sentì ridere sommessamente ai suoi piedi.
Kusanagi aggrottò le sopraciglia e lanciò uno sguardo al proprietario della voce. Shiotsu se ne stava inerte a terra con il corpo bruciato e logoro.
Poi alzò il viso.
Sul suo volto di vecchio indolente, comparve un sorriso raccapricciante. I suoi occhi brillavano in maniera grottesca e fissavano Kusanagi.
“Aah, era un pezzo che non sentivo un dolore del genere… Dieci anni fa devo aver provato lo stesso identico dolore…“
Le confessioni risparmiatele per qualcun altro.”
Alla fredda risposta di Kusanagi, Shiotsu sollevò gli angoli della bocca in un sorriso provocatorio.
“Tu hai paura, non è vero?”
Sentendo quelle parole inaspettate, Kusanagi contrasse il viso perplesso.
“…E di cosa?”
“Hai paura che un giorno potresti diventare come me, non è così?”
Senza pensarci, Kusanagi trattenne il respiro. Voleva quasi rimproverarsi per essersi lasciato sfuggire una reazione così facile da interpretare e che per tanto tempo era rimasta sopita dentro il suo cuore.
Sembra che la causa sia stata la forza del precedente Re Rosso.
Si ricordò di quando aveva parlato con Suoh della faccenda del Kagutsu Crater, formatosi per via dell’imprudenza del precedente Re Rosso e in seguito alla caduta della sua Spada di Damocle.
Tks, rispose Suoh con l’aria di chi non è per niente interessato.
Tuttavia, Kusanagi si era accorto che gli occhi del suo Re fissavano un punto distante come pervasi da un qualche desiderio ardente.
Vuoi andarci? Kusanagi non diede voce a quel pensiero che rimase latente dentro al suo cuore.
Una bomba sul punto di esplodere.
Sin dal periodo in cui Suoh non era ancora Re, era questa l’impressione che Kusanagi aveva dell’amico.
All’epoca in cui Suoh era ancora un semplice essere umano, aveva provato indignazione per lui che agiva in modo sconsiderato e si ricopriva di ferite. Probabilmente, tra la rabbia provata allora, si era infine mescolato anche quel senso di colpa per aver appoggiato Totsuka a chiamare Suoh con l’appellativo di Re.
Quella volta, Suoh aveva scrutato la sua rabbia con un sorriso amaro.
Ormai a Kusanagi non capita più di avercela seriamente con lui.
Un bagliore azzurro.
Nel momento in cui se ne rese conto, la spada di Shiotsu, che nel frattempo si era alzato di scatto, raggiunse la sua spalla. La distrazione costò cara a Kusanagi, che si ritrovò la lama dell’avversario conficcata piuttosto a fondo.
Il dolore lancinante che si propagò dalla spalla lo costrinse a serrare i denti. Un attimo dopo cominciò a sanguinare.
Per qualche strano motivo quel dolore bollente gli rinfrescò le idee.
Senza nemmeno coprirsi la ferita, senza accorciare quella distanza, fece schioccare la lingua e alzò irruentemente una gamba. La punta del piede colpì direttamente Shiotsu al polso che reggeva la spada e sentì chiaramente di avergli frantumato l’osso. La spada schizzò via.
Kusanagi portò di lato la gamba senza abbassarla e con il tallone colpì Shiotsu alla tempia. Questi cadde a terra supino e Kusanagi gli calpestò il torace. Poi, come se gli puntasse contro la bocca di un fucile, avvicinò l’accendino alla sua testa. Intanto, la spada volata via dalla mano di Shiotsu si era conficcata nel muro con un suono sordo.
Il sangue che sgorgava dalla spalla, tingeva lentamente di rosso la maglietta di Kusanagi.
Entrambi inspirarono a fondo. Sopportando il dolore che si propagava ogni istante di più, si squadravano a vicenda, in silenzio.
Ormai l’austerità dal volto di Shiotsu era scomparsa. Rilassò il corpo, come a comunicae che aveva perso ogni intenzione di combattere.
Constatandolo, Kusanagi contrasse il viso e rispose alla provocazione che Shiotsu gli aveva rivolto poco prima.
“…Non perdere tempo a fare supposizioni sul peggiore dei casi, lascia questo tipo di lavoro ai tuoi superiori.”
“Lodevole" disse Shiotsu, ma dal suo tono era difficile capire se fosse serio o ironico. “Non temere… non diventerai come me” aggiunse, socchiudendo gli occhi e scrutando Kusanagi dal basso.
La tensione era ormai completamente svanita dal suo corpo. Senza la minima ombra di ambizione sembrava ancora più vecchio, ma nei suoi occhi si leggeva chiaramente che mentre sopportava il dolore, provava anche sollievo.
“Ho perso.”