K SIDE:RED
cap. Il
Re Rosso (pag 279-293)
(Nota temporale: gli Homra combattono contro uno Scepter 4 senza Re (pre-Munakata) i cui clansman rispondono agli ordini di una cricca alle dipendenze del Re d'Oro. Al tempo Fushimi faceva ovviamente parte dei Rossi.)
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Autore: Rairaku Rei (GoRA)
(traduzione: 9*7)
†
Da quando i gemelli avevano
smesso di combattere ognuno per conto proprio ed erano tornati alla loro
strategia originaria, ovvero concentrarsi entrambi su un solo obiettivo, la
loro potenza era accresciuta. Decisero pertanto di limitarsi a parare i colpi
di Fushimi e di puntare su Yata in modo persistente.
La spada del moro Hayato mirò al
ventre di Yata e sfrecciò letale. Yata parò l’attacco con la mazza; intanto,
individuato un angolo cieco, il castano Akito affondò la spada in direzione della
gola. Yata si procurò un lieve taglio alla base del collo, ma riuscì lo stesso
a eludere la lama. Passò al contrattacco, ma Hayato non voleva rinunciare a
ferirlo e stavolta puntò alla schiena.
Non appena vide Akito alle
spalle di Yata, Fushimi lanciò alcuni coltelli rivestiti di luce rossa. Hayato
si accorse dei pugnali volanti e si aprì un varco con la spada. La sua
attenzione, però, era catturata non da Fushimi ma da Yata.
“Questi… sono davvero dei Blu?” disse Yata, riprendendo fiato e
squadrando i due con astio. Le decine di taglietti che si era procurato
pulsavano fastidiosamente di dolore e perdevano sangue.
Fufu, risero i gemelli, appena udibili. Le risate graziose
erano un conto, ma quel tipo di risata disinteressata non si addiceva affatto
ai loro lineamenti delicati.
“Cos’è che hai appena detto?”
“Noi siamo lo Scepter 4.”
“Puniamo chi infrange la legge.”
“Siamo i custodi della
giustizia.”
Keh, pronunciò Yata con disprezzo.
Sfacciati! Ridicoli!
Naturalmente lo sapeva benissimo
che erano dei clansman blu. Ma il
punto era che quei due non facevano altro che pavoneggiarsi, non si trattava di
gente che si muoveva per la giustizia.
Quasi la totalità dei clansman blu che si trovava in quel
luogo non credeva affatto in qualcosa di tanto retto come la “giustizia”. Lo si
capiva subito guardando gli occhi di quanti di loro la Homra aveva affrontato
fino a quel momento. In essi non c’era alcuna passione. Padroneggiavano il potere
Blu, forte nel controllo e nella difesa, si circondavano di una barriera del
medesimo colore e, mentre si proteggevano dalle fiamme o da altri attacchi,
reprimevano gli avversari. Non era altro che un combattimento da manuale
composto da una serie di operazioni. In loro non c’era ambizione. Nei loro
sguardi non c’era luce. Erano bravi a prendere ordini, ma Yata vedeva
chiaramente che l’unico motivo per cui stavano combattendo era semplicemente
per senso del dovere nei confronti del loro lavoro.
L’andamento dei combattimenti
tra la Homra e lo Scepter 4 fino a quel momento era piuttosto pari, ma la Homra
non aveva alcun timore di perdere a causa dell’affilatura delle spade o della
superiorità delle tecniche degli avversari.
Tuttavia, i gemelli che si ergevano
di fronte a Fushimi e Yata erano di un’altra razza.
Ciò che li faceva muovere non
era la giustizia e nemmeno il senso del dovere nei confronti del loro lavoro.
Il termine più prossimo a descrivere il loro atteggiamento era che stavano
giocando.
Le spade che miravano a Yata
abbagliandone la vista, non avevano l’obiettivo di reprimerlo. Entrambi i
fratelli brandivano il loro potere come un giocattolo e si mettevano in mostra,
proprio come dei bambini. E il peggio era che il giocattolo che utilizzavano era
letale.
Anche dopo essersi esposto ai
loro attacchi, Yata non aveva riportato ferite mortali. Nonostante ciò,
accumulando piccoli tagli qui e lì si stava lentamente logorando.
Infastidito, si asciugò con la
mano il sangue che gocciolava dalla nuca alla clavicola come un solletico. Se
fosse stato un taglio un po’ più profondo avrebbe toccato un punto vitale.
Visto che era un clansman soltanto da poco, non aveva
molta esperienza in battaglia e, accogliendo l’ennesima conferma di questo,
sentì il sudore gelarsi di colpo, accompagnato da una leggera pelle d’oca.
“Che ti prende?”
“Credi di avere pure il tempo
per riflettere adesso?”
Nello stesso ordine in cui
pronunciarono quelle parole, i due fratelli balzarono all’attacco.
L’attimo seguente, Hayato
abbassò la spada davanti agli occhi di Yata con un bagliore.
Yata la evitò per un soffio
puntellandosi su una sola gamba e in quel preciso istante, sentì un lieve
rumore metallico alle sue spalle. Considerato che un fratello lo attaccava di
fronte e l’altro puntava alla sua schiena, intuì che Fushimi aveva fermato
quest’ultimo.
Fulmineo, Yata si piegò sulle
ginocchia e si lanciò all’attacco. Concentrò le fiamme sulla mazza di ferro e
puntò a colpire Hayato di lato: l’attacco precedente aveva aperto un varco e
Akito era ancora troppo impegnato a contrastare Fushimi per fare in tempo a
salvare il fratello. Tuttavia, l’agilità di Hayato era anch’essa fuori dal
comune. In un istante il ragazzo ritrasse la spada e parò la mazza con l’elsa.
Un nuovo suono metallico riecheggiò
nell’aria.
Armato di una mazza che non
aveva né lama né elsa, Yata evitò la follia di avvicinarsi troppo al nemico e,
inspirando a fondo, usò quella parata per darsi una spinta e saltare
all’indietro.
Hayato sollevò gli angoli della
bocca in un sorriso di adulazione.
Devo dire che un po’ te la cavi, era la lode
comunicata dalla sua espressione, ma appena la vide, Yata sentì immediatamente
il sangue salirgli alla testa.
Il bastardo si sta solo convincendo di poter vincere!
Sul volto di Hayato non vi era
né impazienza né irritazione. Guardava Yata, rallegrandosi dello spettacolo
proprio come una belva si lecca i baffi davanti alla sua preda.
“Yata” chiamò Fushimi.
Non aveva usato il nome di
battesimo che il possessore tanto odiava. Il tono era piuttosto disinteressato.
“Di questo passo non finiremo
mai. Facciamo anche noi come loro e puntiamo tutti e due insieme su uno solo”
disse con voce smorzata.
Yata montò su tutte le furie.
“Stai scherzando, vero!? Come
potrei mai combattere in modo tanto vigliacco!?”
Fushimi guardò Yata, irritato e
a denti stretti.
“Guarda che è un pezzo che salto
da una parte all’altra solo per proteggere te! Adesso basta, mi sono rotto!”
Nonostante il tono piatto, c’era
una certa punta di ferocia in esso. Persino Yata ebbe un attimo di sgomento:
Fushimi si stava arrabbiando sul serio.
“…Ho capito, ma non ho
intenzione di combattere da vigliacco lo stesso.”
Fushimi gli lanciò
un’occhiataccia, ma Yata evitò il suo sguardo per tornare a concentrarsi sui
due gemelli.
“Sai, Saru, se a questa gente
senza orgoglio non rompo il muso guardandola negli occhi non sarò mai
soddisfatto” disse Yata alzando la voce intenzionalmente affinché anche i
gemelli lo sentissero.
I due scrollarono lievemente le
spalle.
“Senza orgoglio? Che vuoi dire?”
“Stai cercando una scusa per
giustificarti del fatto che contro di noi non puoi vincere?”
“Ha!” rise Yata in tono di
scherno. “Macché, non mi permetterei mai di criticare il vostro modo di
combattere!”
Yata affilò lo sguardo ancora di
più e fissò i gemelli con la medesima rabbia provata fin dal momento in cui li
aveva incontrati la prima volta.
Anche se erano stati attratti da
un Re, scelti da lui e investiti dei suoi poteri, si lasciavano usare senza
problemi dai clansman di un altro Re.
E in più, brandivano la forza ricevuta in passato dal loro Re come fosse un
giocattolo.
Yata aveva ricevuto il suo
potere da Suoh. Quel potere era l’orgoglio di Yata e lo avrebbe usato per
servire Suoh.
Yata guardò con disprezzo i
gemelli.
“Quello che voglio dire è che non
provate alcun orgoglio per aver ricevuto i vostri poteri da un Re, li usate
solo per giocare e mi fate schifo!”
“Che vuoi saperne tu?” sbraitò
Akito, con quel tono indifferente che non gli si addiceva.
Minato Hayato dai capelli neri e
Minato Akito dai capelli castani. I due gemelli, identici tranne che per il
colore dei capelli, avvolti nelle divise dello Scepter 4, si circondarono
immediatamente di una luce azzurra simile a vapore. Era il segnale che denotava
che erano stati offesi in quanto clansman.
I loro corpi erano completamente immersi nelle fiamme azzurre.
“Guardami le spalle” disse Yata
a Fushimi, con gli occhi sempre fissi sui gemelli.
Fushimi fece per replicare
qualcosa ma lasciò perdere. Yata aveva allargato le braccia e stava mescolando
il potere dentro di sé, le fiamme che dimoravano dentro il suo corpo.
Aumentò notevolmente la loro
temperatura ma non aveva intenzione di farle uscire o di lasciare che si
scatenassero in modo irruento. Radunò la forza in un unico punto, come se
stesse forgiando una lancia di fuoco e la tese mentre la sua mente si faceva
più lucida. Il suo corpo si sollevò. In contemporanea con i gemelli, incrementò
la luce dei colori del suo Re che rivestiva il suo corpo.
Il colore della luce di Yata era
il rosso di Suoh.
Il marchio della Homra inciso
sulla sua scapola sinistra - il “simbolo” dei clansman di Suoh, l’orgoglio di Yata - stava venendo invaso dal
calore.
†
Il viso di Fushimi era contratto
come in preda a un forte mal di testa. Era irritato e teneva i molari serrati.
L’arte della spada in cui
eccellevano i gemelli e che permetteva loro di eludere qualsiasi ostacolo
all’infuori del loro obiettivo, riusciva a schermare completamente ogni suo attacco
per poi concentrarsi unicamente su Yata. Il fatto di non riuscire a trovare un
modo per catalizzare almeno parte dell’attenzione degli avversari su di sé lo
stava stressando. Forse i due erano capaci di una tacita intesa; forse avevano
combattuto insieme per molti anni e si capivano ormai alla perfezione, in ogni
caso, per la loro mentalità, la cooperazione che stavano dimostrando lui e Yata
non avrebbe dovuto esistere, punto e basta.
Non dipendeva solo dalla
somiglianza tra i loro visi, erano diversi da dei gemelli qualunque. Non aveva
idea di quale storia ci fosse dietro, ma se erano diventati clansman prima della morte del
precedente Re Blu, allora possedevano quel potere sin da quando erano soltanto
dei bambini. Probabilmente avevano sempre vissuto l’uno accanto all’altro,
combattendo insieme e condividendo tra loro innumerevoli esperienze.
Il mondo di questi due inizia e finisce con loro due. Cognizioni sulla
cooperazione apprese di straforo non hanno speranza di eguagliare la loro
tecnica.
Fushimi si tormentava, e dentro
quella rabbia intrisa persino di dolore, si aggiunse un sentimento di gelosia
nauseante.
Il mondo di quei due era da loro
condiviso equamente, senza eccezioni. Ciò che piaceva loro, ciò che li
ripugnava, il loro orgoglio, i pensieri, i ricordi… era tutto condiviso tra
loro. Non vi erano imprecisioni, ne era certo.
E allora cos’è?
Quello che aveva detto Yata a
proposito dell’orgoglio provato verso i poteri ricevuti dal proprio Re e il
rispetto cieco nei suoi riguardi, per Fushimi non era affatto lontano in
significato dall’ubriacatura dei gemelli che si divertivano a brandire il loro
potere come un giocattolo. Pensava che l’uno valesse l’altra.
Da una parte la rabbia senza
uscita di Fushimi, e lì accanto, Yata che squadrava i gemelli mentre dal suo
corpo straripava un potere incontenibile.
Rosso, sempre più rosso. Il
corpo di Yata si rivestì completamente del colore del potere ricevuto da quella persona.
Yata afferrò il colletto della
maglietta e lo abbassò, facendo mostra del “marchio” della Homra.
“In nome dell’orgoglio della
Homra, vi farò fuori tutti e due!”
Aah, quanto mi irrita.
Il piede sinistro di Yata calciò
forte il terreno. Lo skate si diresse in linea retta verso i gemelli. La luce
scarlatta che rivestiva il suo corpo prese a turbinare diventando fiamme.
Yata, ormai trasformato in una
sfera di fuoco, saltò con lo skate fendendo l’aria e lasciando una scia di
fuoco dietro di sé che ricordava la forma di un paio di ali. Come a confermare
che “Yatagarasu”, lo sciocco nome che Yata si era affibbiato da solo fosse
appropriato, divenne un grosso corvo danzante in cielo. (*karasu vuol dire corvo)
Non da meno, i gemelli avevano
spinto al massimo i loro poteri, ma decisero di evitare uno scontro diretto con
Yata. Lo scansarono mentre atterrava tra di loro e indietreggiarono uno a
destra e l’altro a sinistra.
Una volta a terra, Yata si fece
leva sulle ruote dello skate e si voltò in direzione di Hayato, mentre Akito fu
subito alle sue spalle.
Schioccando la lingua, Fushimi si
protesse verso Yata bloccando la spada di Akito. Il suo coltello si scontrò con
la spada dell’altro, luce blu contro luce rossa. Fushimi ruotò il polso e si
liberò della sciabola, fece un salto all’indietro e contemporaneamente scagliò
uno dei suoi coltelli da lancio. Sperava di aprirsi un varco, ma Akito respinse
il pugnale, ruotando fulmineo la spada.
“Uoooooooooooooh!”
Con un grido possente, Yata,
diventato ormai una sfera di fuoco, si avventò su Hayato. Per la prima volta,
sul volto del clansman blu affiorò
una punta di agitazione.
Per respingere la mazza di Yata,
fu costretto a indietreggiare; inoltre quella stessa mazza ricoperta da fiamme
rosse riuscì a tagliare via una fetta della sua luce azzurra, l’indicatore
della forza che scaturiva dal suo corpo. I due poteri non si urtarono a vicenda
annullandosi, al contrario, la sua luce
venne squarciata. Yata aveva superato la forza di Hayato.
Akito sbiancò in viso e cercò di
seguire i movimenti del fratello. Puntò la spada verso la schiena di Yata, lasciata
completamente scoperta esattamente davanti a lui.
Fushimi fece per lanciare un
altro coltello ma si ritrovò a schioccare forte la lingua: aveva usato l’ultimo
nell’attacco di qualche secondo prima, dei coltelli da lancio che portava con
sé non ne rimanevano più.
La mazza di Yata colpì la spada
di Hayato. Il potere di Yata premeva, mentre la luce azzurra di Hayato
diminuiva come se venisse schiacciata. Tuttavia, alle spalle del clansman rosso c’era Akito.
Immediatamente, gli occhi e la
mente di Fushimi si mossero senza respiro in un rapido calcolo: coprire la
distanza tra lui e Akito in quel poco lasso di tempo era impensabile. Anche
rincorrendolo, Akito avrebbe tagliato la schiena di Yata prima ancora di
riuscire a prenderlo. E poi, dalla foga con cui si era fiondato in fretta e
furia, non aveva dubbi che ciò a cui mirava il Blu era un taglio netto lungo
tutta la schiena.
Ciononostante, Yata non vedeva
altri che il suo avversario, Hayato. Anche se conosceva bene il modo in cui combattevano
i gemelli, anche se era al corrente che entrambi stavano mirando
contemporaneamente a lui, non prestava la minima attenzione ad Akito.
Guardami le spalle.
Quella frase che non ammetteva
repliche, senza difese, senza ritegno, quel “mi fido di te”.
Non aveva pensato nemmeno per un
momento che il compagno potesse fallire,
che potesse fregarsene. Man mano che la sua irritazione cresceva, Fushimi
avvertì un’altra fitta alla testa.
Sollevò il coltello da
combattimento che stringeva nella mano destra. Lanciato quello si sarebbe
ritrovato completamente disarmato, ma Akito non avrebbe avuto il tempo di
respingerlo. Restare a mani nude contro una spada era quanto di meno
auspicabile ma, non era il momento
di perdersi in congetture.
Il coltello avvolto nel potere
di Fushimi fendette l’aria con un fischio. Tuttavia, Akito non fece nulla per
scansarsi o per parare il colpo.
Con un suono sordo, il coltello
si conficcò nella spalla destra del clansman
blu.
Non era possibile che non si
fosse accorto dell’arma che volava dritta verso di lui. E infatti, Akito accusò
la pugnalata alla spalla, vacillò per un istante, ma poi ignorò totalmente la
ferita.
Con il coltello affondato nella
spalla destra, si trovò costretto a sostenere la mano che reggeva la spada con
la sinistra e a sollevare la sua arma mettendo forza in entrambe le braccia.
La spada rivestita di luce blu
puntò come sempre alla schiena indifesa di Yata.
L’intero corpo di Fushimi venne
percorso da brividi.
Subito, il suo sguardo si posò
sul coltello ancora conficcato nella spalla di Akito: conservava ancora un
debole rivestimento del suo potere e risplendeva, seppur flebilmente, di luce
rossa: Fushimi era ancora collegato con quel coltello.
Radunò il potere dei clansman di Suoh Mikoto che risiedeva
nel suo corpo e lo riversò in quell’arma. La sua concentrazione fu tale che sentì
gli occhi bruciargli per lo sforzo. Quel potere divampò infine nel coltello
conficcato nella spalla di Akito.
Il ragazzo, deciso ad aiutare il
gemello, non intendeva interrompere il suo attacco finché non fosse andato a
segno, tuttavia, il coltello mandato in fiamme da Fushimi gli fece perdere
forza nelle braccia e la spada gli scivolò di mano.
In quel momento, Hayato, che
aveva appena terminato di scambiare una serie di affondi con Yata, e la cui
barriera di forza stava cedendo, accusò il colpo della mazza dell’avversario
sull’avambraccio e l’impatto con quella concentrazione di forza lo fece volare
via.
Yata, dal canto suo, avendo
sprigionato tutto il suo potere senza ritegno, respirava a fatica. Allentò la
fiamma che gli rivestiva il corpo e la luce rossa che caratterizzava il suo
potere si fece più debole.
Hayato, sbalzato via, guardò
Akito, anch’esso a terra con la spalla destra piuttosto malridotta, e sbiancò.
“A, Ah…”
Lasciando trapelare quello che
sembrava un gemito, socchiuse gli occhi e fissò Yata con uno sguardo omicida.
Tentò di alzarsi, malfermo, mentre Yata, con il respiro spezzato, alzò la
mazza, issandosi con un piede sullo skate, pronto a lanciarsi addosso in
qualsiasi momento.
Tuttavia, prima che lo scontro
potesse ricominciare, due fasci di luce rossa gli sfrecciarono accanto veloci e
si conficcarono nel braccio destro di Hayato costringendolo di nuovo a terra.
“…Saruhiko!” disse Yata in tono di rimprovero.
Fushimi aveva raccolto i
coltelli da lancio parati da Akito poco prima e li aveva scagliati sull’altro
gemello.
“Ero io il suo avversario!”
“Ma sta’ zitto!” tuonò Fushimi
secco.
A quel tono rigido che di solito
non usava mai, Yata sgranò gli occhi dalla sorpresa.
Fushimi serrò le mani in due
pugni e strinse i denti nell’intento di sopprimere a tutti i costi
l’irritazione che provava.
Un’altra fitta gli squarciò la
testa.
Mi irrita. Mi irrita. Mi irrita.
Il modo in cui Yata combatte. Che riponga in me – no – nei suoi compagni la
fiducia più cieca. Che mostri al nemico la sua schiena scoperta.
Fushimi si avvicinò ad Hayato
che, tra un gemito e l’altro, era riuscito a raccogliere la sua spada e tentava
di alzarsi in piedi, e gli pestò la mano. Poi calciò lontano la spada.
Mi irrita. Mi irrita. Mi irrita.
Che anche esponendo la sua stessa vita al pericolo, non se ne curi e guardi
solo davanti a sé. Che solo io debba avere paura.
Tutto faceva innervosire
Fushimi.
“Saruhiko.”
Yata lo chiamò di nuovo più
forte. Fushimi fece schioccare la lingua. Sopprimette volente o nolente la sua
irritazione e spostò lo sguardo sul campo di battaglia sede degli scontri tra
Homra e Scepter 4.
“…Dobbiamo occuparci degli
altri.”
“O, Ok…”
Yata fece una faccia spaesata
alla risposta stentata di Fushimi, come se avesse già dimenticato
l’arrabbiatura di prima.
A quell’innocente franchezza,
Fushimi serrò i denti.
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